Quando negli anni ’70 e ’80, prima dell’avvento dei computer e di internet, il commercio avveniva per corrispondenza, con buste affrancate e pacchi consegnati dal postino, c’era un oggetto che proprio non poteva mancare nelle case degli italiani: stiamo parlando del Postalmarket, lo storico catalogo che ha fatto sognare bambini e adulti, che ne sfogliavano le pagine alla ricerca di prodotti innovativi a prezzi vantaggiosi. A ragione, si potrebbe dire che proprio il Postalmarket sia stato il primo rapporto degli italiani con gli acquisti a distanza.

La storia dell’e-commerce nel Belpaese ebbe inizio esattamente il 3 giugno 1998, quando sulla piattaforma IBS.it, online da soli 35 minuti, venne registrato il primo pagamento su un e-commerce italiano: l’acquisto arrivava dalla California, il prodotto era il libro “La Concessione del Telefono” di Andrea Camilleri. Due anni prima, il 19 febbraio 1996, Olivetti Telemedia aveva annunciato l’apertura di Cybermercato, il primo negozio virtuale italiano e uno dei primi in tutta Europa.

Negli anni 2000, con l’introduzione dell’ADSL ad alta velocità, l’e-commerce iniziò a diffondersi rapidamente e i negozi online cominciarono a moltiplicarsi a tal punto che, nel 2004, fu necessario introdurre delle regolamentazioni per garantire degli standard di sicurezza: così nacque la Payment Card Industry Security Standards Council (PCI).

Qualche anno più tardi, con l’avvento degli smartphone, gli acquisti online conobbero un vero boom, inarrestabile, e iniziarono a coinvolgere tutta la popolazione, nelle varie fasce d’età.

L’e-commerce in Italia e gli effetti del lockdown

Il 2020, l’anno della pandemia del Covid-19, ha rappresentato una svolta storica per quanto riguarda il rapporto tra Italia e shopping online. Secondo il Salesforce Shopping Index, nel primo trimestre del 2021 l’e-commerce globale è cresciuto del 58% su base annua, contro il 17% del primo trimestre 2020. L’Italia, con una crescita del 78%, occupa il primo posto della classifica europea e si attesta quarta al mondo dopo Canada, Olanda e Regno Unito. Un dato rilevante è l’aumento del traffico via smartphone, cresciuto dal 21% del primo trimestre del 2020, al 24% nello stesso periodo del 2021, mentre il traffico generato da pc è crollato dal 40% al 20%. Se nel 2004 l’e-commerce, secondo un report di Casaleggio Associati, raggiunse un valore di 1,6 miliardi di euro, nel 2020, complice la pandemia, il valore è salito a 48,25 miliardi di euro.

Ma la pandemia ha semplicemente spostato in rete il luogo d’acquisto, passato dal negozio fisico a quello virtuale, oppure ha influito anche sulle categorie di prodotti acquistati?

Nel 2021, il bilancio dell’e-commerce italiano ha delineato due tendenze opposte: da un lato i comparti di prodotto come gli alimentari e la gastronomia hanno registrato un forte incremento nel numero di acquisti, dall’altro gli storici settori di servizio quali l’e-commerce dei viaggi e dei trasporti hanno subito un drastico calo, dovuto naturalmente alle limitazioni degli spostamenti imposte dal Governo.

Quindi, anche per causa di forza maggiore, sono cambiate le preferenze e le abitudini dei consumatori. E questi cambiamenti non hanno coinvolto solo le grandi realtà, ma anche le piccole e medie imprese, che hanno iniziato a comprendere le potenzialità del commercio online.

Chi acquista di più online e quali sono i prodotti più venduti in Italia?

Secondo un’indagine Istat, nel 2022, il 48,2% della popolazione di età pari o superiore a 14 anni ha usato internet nei 12 mesi precedenti l’intervista per fare acquisti online: circa un terzo (32,3%) ha ordinato o comprato merci o servizi nei tre mesi precedenti, il 10,6% nel corso dell’anno. Sempre secondo l’indagine, risultano più propensi a comprare online gli uomini (52,4% contro il 44,4% delle donne), i residenti nelle regioni del Nord (52,8%) e, soprattutto, i giovani tra i 20 e i 24 anni (75,7%).

L’indagine ha inoltre rivelato che nel 2022 le tipologie di prodotto preferite dagli italiani sono state l’abbigliamento, le scarpe e gli accessori (19,4%); al secondo posto troviamo articoli per la casa, mobili e prodotti per il giardinaggio (10,3%), seguiti da film o serie in streaming o download (8,5%).

Smartphone e pagamenti online: come preferiscono pagare gli italiani

Nel secondo trimestre del 2022, il 79% delle visite ai siti di vendita al dettaglio è avvenuto tramite smartphone, e anche il 61% degli acquisti online è stato effettuato con lo stesso dispositivo. I consumatori hanno utilizzato invece il computer per effettuare il 37% degli acquisti, ma solo per il 20% delle visite ai siti di vendita online. Ciò dimostra che i clienti italiani amano navigare sui loro dispositivi mobili, ma preferiscono fare l’acquisto vero e proprio su un computer.

Per quanto riguarda la modalità di pagamento, il 60% dei consumatori italiani ha risposto di preferire l’utilizzo di servizi di pagamento online come PayPal o Amazon Pay al pagamento tramite carta di credito o di debito. Da sottolineare il fatto che il 20% degli italiani che comprano regolarmente online si sente più sicuro a pagare in contrassegno, forse perché teme eventuali truffe o ha scarsa fiducia nei servizi di consegna.

In quale lingua si deve parlare agli italiani che acquistano online?

Come abbiamo visto nell’articolo del blog sulla Germania, la lingua in cui è redatto un sito influisce molto sul modo in cui viene recepito dal consumatore. È quindi fondamentale chiedersi in che lingua si debba parlare agli italiani per conquistare la loro attenzione e, soprattutto, la loro fiducia.

Secondo una ricerca Istat condotta nel 2015, si stima che il 45,9% della popolazione di età maggiore ai sei anni (circa 26 milioni e 300mila persone) si esprima prevalentemente in italiano in famiglia e il 32,2% sia in italiano che in dialetto. Soltanto il 14% (8 milioni e 69mila persone) usa, invece, prevalentemente il dialetto. Ricorre a un’altra lingua diversa dall’italiano il 6,9%, ovvero circa 4 milioni di persone.

Nel corso degli ultimi anni, si è registrata una diminuzione dell’uso esclusivo del dialetto, anche tra le persone più anziane.

Nel 2015, risultava di lingua madre italiana il 90,4% della popolazione, mentre si attestava attorno al 60% la percentuale di persone di età superiore ai sei anni che dichiaravano di conoscere una o più lingue straniere, ovvero 34 milioni 370mila persone, con al primo posto la lingua inglese. Il 92,3% delle persone di madrelingua straniera afferma di conoscere una o più lingue straniere, al primo posto per loro c’è naturalmente l’italiano. La conoscenza di una o più lingue straniere interessa soprattutto i giovanissimi e i giovani adulti fino a 34 anni (80% circa) ed è più diffusa nel Nord-ovest (66,2%) e nel Nord-est (65,7%) rispetto al Sud (50,6%) e alle Isole (51,5%). Tra chi conosce una o più lingue straniere, il 48,1% conosce l’inglese, il 29,5% il francese e l’11,1% lo spagnolo.

La sicurezza online: leggi e regolamenti per la tutela dei consumatori

Visto il crescente interesse per gli acquisti online, è aumentata di conseguenza l’attenzione verso la sicurezza delle transazioni digitali. Per evitare truffe o violazioni della privacy, da gennaio 2021 sono state introdotte diverse direttive come la Strong Customer Authentication (SCA) e la tecnologia 3-D Secure (3DS), che richiedono un’autenticazione a due fattori per verificare l’identità dell’utente e tutelare quindi il consumatore all’atto del pagamento.

Anche in Italia, come negli altri Paesi europei, le aziende che lavorano attraverso e-commerce devono inoltre rispettare la normativa GDPR, il Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali degli utenti.

Il rovescio della medaglia: le difficoltà dell’e-commerce

Nonostante le cifre in crescita e gli sviluppi positivi, il commercio online presenta ancora delle criticità che devono essere attentamente valutate e risolte.

La logistica sembra essere uno dei punti dolenti rilevati dalle aziende italiane che si avvalgono di servizi di vendita online, come emerge dalla recente ricerca “Esigenze e politiche delle imprese in termini di servizi e logistica” realizzata da Yocabè, piattaforma specializzata nella gestione del fulfillment.

L’82,9% delle imprese sceglie di gestire in proprio il magazzino e di avvalersi di corrieri dei fornitori per i trasporti, esprimendo il maggior grado di soddisfazione (il 78% si dice molto o abbastanza soddisfatto). Solo il 7,9% si rivolge a un fornitore globale, il 6,7% affida la gestione del magazzino ai fornitori e utilizza i corrieri del fornitore, il 2,5% fa riferimento esclusivamente ai marketplace. Le imprese che si affidano completamente a un fornitore globale o ai marketplace si dichiarano invece poco soddisfatte, solo il 13,8% dichiara di essere molto soddisfatto.

Quasi un’impresa su tre ha riscontrato criticità nella gestione della logistica legata all’e-commerce: la classifica delle difficoltà vede al primo posto i costi (44,3%), poi la gestione dei resi (19,9%), il rispetto dei tempi di consegna (15,1%), la burocrazia (11,4%), la gestione dell’operatività (11,4%), il customer service (10,5%), l’integrazione tecnologica e la sostenibilità (5,9 e 3,9%). I costi pesano soprattutto sul settore della bellezza (58,6%), mentre la gestione dei resi pesa di più sul settore dello sport e del tempo libero (31,1%), così come il rispetto dei tempi di consegna (28,6%).

Passando invece dalla parte dei consumatori, i problemi riscontrati sono di altra natura. Ben il 76,3% dei consumatori ha avuto difficoltà durante gli acquisti online. Secondo la ricerca, questa difficoltà sarebbe dovuta a fattori legati alla gestione della logistica e del canale di vendita, più che al prodotto in sé: un dato non trascurabile, poiché potrebbe tradursi in una rinuncia all’acquisto da parte del consumatore. La ricerca, infatti, fa emergere come i principali ostacoli siano costi di spedizione troppo elevati (45,9%) e tempi di spedizione troppo lunghi (31,7%). Soprattutto i costi eccessivi, uniti alla mancanza di fiducia in siti poco conosciuti, hanno fatto sì che i consumatori non tornassero ad acquistare sui medesimi siti.

Ultime notizie: l’andamento dell’e-commerce nel 2023

Come è andato l’e-commerce nell’ultimo anno? Dopo il boom del 2020 e la buona tenuta del biennio successivo che abbiamo visto in precedenza, quali sono le recenti tendenze di sviluppo?

Nel 2023, secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c, l’e-commerce italiano valeva 54,2 miliardi di euro, oltre 6 miliardi in più rispetto al 2022. Questa crescita è imputabile per due terzi all’incremento degli acquisti online di servizi, soprattutto alla ripresa del turismo e dei trasporti (+30%) e dei comparti merceologici aggregati negli “altri servizi” (+8%), come ad esempio il ticketing per eventi. I comparti di prodotto più dinamici, con tassi di crescita in linea o superiori alla media (+8%), sono invece il beauty (+11%), l’informatica ed elettronica di consumo (+8%) e l’editoria (+8%). Registrano una buona crescita, seppure più moderata, anche l’abbigliamento (+7%) e l’arredamento (+7%), mentre il settore dei generi alimentari appare in difficoltà (-0,5%).

L’e-commerce B2c in Italia continua quindi a crescere, anche se più lentamente rispetto agli ultimi anni, assumendo una rilevanza tale da conferirgli un ruolo centrale e indispensabile per l’evoluzione del retail. Dopo la forte crescita degli ultimi tre anni, il numero di consumatori digitali italiani si è stabilizzato infatti a 33 milioni.

Conclusioni

L’Italia si dimostra probabilmente un Paese più conservatore di altri, per quanto riguarda gli acquisti, ma dopo la pandemia del 2020, costretti da causa di forza maggiore, gli italiani hanno iniziato ad acquisire sempre più confidenza con l’e-commerce, facendo registrare una crescita sorprendente.

La maggiore fiducia acquisita da parte dei consumatori e il miglioramento dei servizi offerti sono sicuramente un segnale positivo per il futuro sviluppo del commercio online in Italia.

Fonti

 

autor_eurotext_100Autore: Redazione Eurotext

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